FAR RIDERE, CHE PASSIONE!
Paolo Croce, stand up comedian pisano, ci racconta del genere comico che viene dall’America.
“E’ diverso dal cabaret”, ci spiega “qui si fa ridere in modo naturale” .
Paolo Croce è un giovane ragazzo pisano, di bell’aspetto e dai modi gentili. Nella vita vorrebbe provare a
far ridere e nonostante non sia ancora emerso ha già il suo bel bagaglio di esperienze. Paolo è infatti uno
stand up comedian: un attore che intrattiene il pubblico e prova a farlo ridere. Per riuscire nell’impresa
utilizza un microfono, una sedia (quando capita) e tanta ma tanta passione. La stand up comedy è un
genere comico diverso rispetto ai canoni. Si ride e si fa ridere in modo autentico, naturale, istantaneo. Non
si usano maschere o travestimenti. Non si usano nemmeno monologhi o battute scritte da altri. Gli attori si
servono delle proprie capacità e con queste provano a far divertire il loro pubblico.
Divertente a volte, azzardato altrettante volte. Gli attori o meglio i comedian come Paolo però non si
lasciano intimorire e si giocano i loro minuti di intrattenimento provando a ridere e far ridere dei problemi
e dei paradossi della nostra società.
Grazie al web, a Youtube e Netflix i migliori interpreti della stand up hanno cominciato a farsi a
conoscere e anche Paolo utilizza il web per ammirare i suoi idoli, farsi conoscere e provare a diventare
sempre più bravo. Non solo. Paolo, come molti, fa anche stand up sul territorio e a questo proposito lo
abbiamo incontrato per farci raccontare qualcosa in più su lui, sulla sua passione e sulla stand up.
Paolo, cos’è la stand up comedy?
La stand up comedy è un genere che è nato in America, dopo la Seconda Guerra Mondiale e uno dei primi
pionieri di questo genere è stato Lenny Bruce. La stand up ha la comicità dei night club e dei bar. E’ una
comicità popolare. Una sorta di flusso di coscienza che porta a parlare dei paradossi della società. E’ stata
importata dall’estero e rappresenta una comicità istantanea, fatta dal vivo, in piedi con un microfono in
mano davanti ad un pubblico eterogeneo. In Italia, ad esempio, uno dei maggiori esponenti di questo
genere è stato ed è Paolo Rossi.
Quali sono i temi principali?
Tutto ciò che è personale. Mentre nella comicità italiana, in quella che siamo abituati a vedere, si porta in
scena una maschera, che è esterna a noi, in questo genere si porta in scena la propria maschera. Quello
che a me piace è infatti poter dare forma alle mie corde comiche e poter riuscire a portarle in scena
dandogli una mia forma. Mi piace poter parlare dei problemi avendo imparato a riderci su. E’ come vivere
tutti i giorni con degli occhiali comici e sbarazzarsene, cedendoli al pubblico, quando sali sul palco.
Come ti sei avvicinato a questo genere?
L’ho conosciuto da piccolo grazie ad un format italiano online creato da Filippo Giardina. Si chiamava
“Satiriasi” ed era un format, nato a Roma, che consisteva nell’esibizione di otto comici italiani che
mettevano in scena vari monologhi. Sono stati poi questi comici che, di fatto, hanno contribuito alla
diffusione del genere in Italia.
Per quanto mi riguarda oltre alla conoscenza del format ho anche seguito un workshop proprio con
Giardina e successivamente sono entrato in contatto con il Leningrand: un contesto pisano nel quale è
nata la stand up e in cui si organizzavano, di tanto in tanto, dei laboratori comici che mi hanno permesso
di entrare in contatto con gli interpreti più conosciuti del territorio.
Hai in programma degli spettacoli?
Si, diciamo che ci sono molte occasioni per provare a fare questo genere grazie anche alle “open mic”,
delle iniziative in cui i gestori dei locali danno a disposizione degli spazi lasciandoli ai comici emergenti
o a chiunque voglia provare a gestire cinque o sette minuti di comicità libera davanti ad un microfono.
Un’iniziativa che dal mio punto di vista ha aspetti positivi e negativi. Quelli positivi riguardano la libera
adesione di tutti mentre quelli negativi riguardano i fraintendimenti che si legano a questo tipo di eventi.
Con il fatto che si mette in scena qualcosa di veramente personale, alcuni possono avere anche un
linguaggio un po’ più scurrile o trattare temi un po’ più aggressivi rispetto alla norma. Così per chi viene
dall’esterno e non conosce la stand up si possono creare dei malintesi: è facile che venga classificata come
un genere di basso livello quando in realtà non lo è affatto.
Indipendentemente da questo però ognuno può mettersi in gioco.
Ti ispiri a qualche collega celebre?
Di italiani mi ispiro a quelli della vecchia guardia : Giardina, Montanini e Francesco de Carlo.
Quest’ultimo ha una comicità un po’ più surreale ed ha fatto, non molto tempo fa, uno speciale su Netflix.
Di comici stranieri adoro Jim Jefferies, Louis C.K, Ricky Gervais.
La cosa bella e strana è che entrando in questo mondo sto conoscendo i miei idoli passo dopo passo. Sono
idoli personali però perché la maggior parte di loro sono sconosciuti al grande pubblico.
C’è qualche differenza tra la stand up comedy italiana e quella americana?
Sicuramente. La stand up comedy è nata come una conseguenza spontanea di un determinato contesto
mentre quella italiana per quanto ci fosse già la scelta di portare un monologo sul palco è sempre stata
vista come un qualcosa a sé, isolata dal resto. Quelli che oggi infatti sono i puristi della stand up comedy
dividono la stand up dal cabaret. Mentre in America chiunque con un microfono in mano fa e può fare
stand up comedy, in Italia si tende a differenziare i vari generi.