Sport e uguaglianza di genere: la ricerca di A.G.E.S.
Due anni di lavoro per indagare e studiare la percezione della differenza di genere nello sport nei giovani 14-18 anni.
Sono ormai tre mesi che si è concluso il progetto A.G.E.S.- Addressing Gender Equality in Sport, un progetto finanziato dalla comunità europea attraverso i fondi di ERASMUS + SPORT. La nostra redazione ne ha parlato più volte ed anche per questo abbiamo deciso di riportarne i risultati.
Il progetto si è specificatamente occupato delle discriminazioni di genere nello sport, fenomeno rispetto al quale dobbiamo registrare che, almeno in Italia, iniziano ad arrivare risultati positivi. I paesi coinvolti sono stati tre, Italia, Grecia e Spagna ed in tutti si è agito con una ricerca/azione che ha indagato e studiato, attraverso due distinti questionari, la persistenza degli stereotipi e dei pregiudizi di genere. I questionari erano rivolti uno a un campione di ragazzi e ragazze dai 14 ai 18 anni (più di 700 per ogni paese), e uno rivolto a un gruppo di adulti tra cui genitori (sempre oltre 700 per ogni paese), insegnanti, istruttori e dirigenti di società sportive, enti di promozione, federazioni e coni (oltre 200 questionari e 10 interviste
particolari sempre in ogni paese).
“Si è trattato di un lavoro molto complesso” ci ha detto Verter Tursi, Project Manager del progetto “ specialmente per essersi realizzato da Gennaio 2019 a dicembre 2020 e quindi nel bel mezzo della pandemia da corona virus, ma altrettanto gratificante”. I risultati ottenuti la dicono lunga sulla strada che ancora dobbiamo percorrere almeno in questi tre paesi sulla via di una vera e propria parità di genere nello sport. “Nei tre paesi,” ha affermato Patrizia Russo, ideatrice ed animatrice del progetto, “la discriminazione di genere nello sport è presente in termini di: stereotipi sociali e culturali, di mancanza di riconoscimento economico soprattutto nel livello sportivo professionale, di una presenza quanto mai scarsa di donne in posizioni chiave e/o di governo del mondo dello sport.”
Il lavoro di ricerca del progetto era finalizzato anche ad aumentare la percezione di stereotipi e pregiudizi di genere nello sport da parte di adulti, bambini e operatori sportivi, nelle province di Pisa e Livorno (Italia), Murcia (Spagna) e Salonicco (Grecia). Purtroppo i risultati ottenuti da A.G.E.S. hanno mostrato che le differenze tra maschi e femmine continuano a persistere. Ma lo sport, proprio per i valori che porta, non dovrebbe essere il luogo dove ci si incontra senza pregiudizi e barriere, tanto più quelli/e di genere? Questa esperienza ha dimostrato che il divario tra i generi si sta riducendo, ma è un processo non ancora completato, per certi versi appena iniziato.
I ricercatori ci dicono che la pratica sportiva si svolge in egual misura, per la ricchezza e la forza delle passioni, nonché per lo sforzo per il raggiungimento degli obiettivi sportivi, comune a entrambi i sessi, già con l’adolescenza il fare sport delle donne diviene difficile perchè in contrasto prima con gli impegni di studio, poi con quelli familiari ed infine con la nascita dei figli. Al passare degli anni gli ostacoli si moltiplicano: il sostegno della famiglia, la comprensione del partner, la gestione acrobatica della maternità e dei figli. A questa grande costellazione di difficoltà si aggiunge un assolo pesante e immotivato, che crea una differenza oggettiva nella partecipazione allo sport: i contratti, i livelli salariali, le tutele sono molto diversi tra uomini e donne.
Dietro la tradizionale separazione tra uomini e donne nella pratica sportiva
riappare il fantasma della “diversa retribuzione a parità di lavoro” che, almeno formalmente ed esplicitamente, non è praticabile in ambito lavorativo e che, invece, divide drasticamente il destino di due ipotetici atleti, diversi solo nel genere. Lo sport professionistico e lo sport come spettacolo rimangono di dominio prettamente maschile, non per niente la copertura mediatica è certamente minore e diversa rispetto a quella dei loro omologhi maschi.
C’è poi tutta l’area del governo dello sport: all’interno delle organizzazioni sportive, a tutti i livelli, sono pochissime le donne che occupano posizioni apicali manageriali e/o di presidenza. Lo scenario che è emerso dalla consultazione delle oltre 5000 persone che hanno partecipato alla ricerca ripropone dunque un paesaggio tipico, dove gli uomini accedono a una maggiore varietà di discipline, sono ben retribuiti e garantiti rispetto alle colleghe, occupano quasi ogni ruolo che sia di grande rilievo, un esempio per tutti: dal 48 ad oggi non abbiamo avuto mai una donna Presidente di un Ente di Promozione Sportiva né di una federazione, né tanto meno del CONI. Tutto questo porta farci credere che AGES possa e sarà replicato con successo in altri contesti territoriali di altre città europee, così come in diversi altri posti nel resto del mondo.
Al termine della ricerca si è fatto un lungo report di tutti questi risultati e si sono girati due video, un documentario sulle battaglie delle donne per accedere allo sport fino ai massimi livelli ed uno spot che cerca di far riflettere sulla necessità di un cambiamento profondo. Potete guardare i video cliccando qui.